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Scopre di essere uno scrittore a undici anni, quando un suo tema sulla bellezza del Creato viene ritenuto dall'insegnante opera del padre (insegnante di lettere). Ma, e questo il suo insegnante non poteva saperlo, aveva già scritto una parodia della Divina Commedia.
Per lui essere scrittore è tramandare, rendere immortali le piccole e grandi cose con cui entriamo in contatto, anche solo fugacemente.
Canzone di libertà, ricordi e contestazione che in 3 minuti e mezzo riesce a racchiudere tutto quello che mi ha sempre "agitato" il sangue, capace di darmi una carica senza eguali tra tutte le canzoni che amo. E soprattutto parla di un'estate, stagione nella quale ho sempre ambientato le mie storie, perché amo le storie "vissute" d'estate. Di un'estate e di ricordi legati a essa, di ricordi e di rimpianti.
Colonna sonora della mia giovinezza, delle corse in auto, delle sbronze, degli sballi. Delle notti sotto le stelle con gli amici. E di tutte le pazzie. Avevamo registrato una cassetta dove questa canzone era incisa prima e dopo di ogni altra canzone, per cui finiva e dopo un altro brano "interlocutorio" ricompariva.
Una canzone che arriva dal Brasile, dal viaggio più
"forte" che ho fatto. Talmente forte che è rimasto l'unico di cui non
ho mai raccontato quasi nulla.
Questa canzone mi
ha accompagnato nella selva amazzonica, lungo la strada di terra rossa che
tagliava in due la foresta. E lungo il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti.
L'ascolto spesso perché m'è rimasta dentro, nel cuore. E mi riporta a
quelle emozioni.
Canzone di viaggi e viaggiatori solitari, d'incontri casuali e improvvisi. Di storie che durano un giorno. Mi ha accompagnato in un'altra esperienza molto forte, il mio viaggio solitario in Cile, nel sud del mondo, nella Patagonia cilena, tra fiordi, laghi, vulcani e ghiacciai. Il viaggio più solitario che io abbia mai fatto. E di gente ne ho incontrata... anche se solo per un giorno.
Una canzone alla quale sono molto legato. Troppo complicato spiegare perché, ma è una storia di tanto, tanto tempo fa. Di quelle cose che durano al solito un giorno. Una canzone che ha la forza di farmi precipitare all'indietro nel tempo nel giro di un istante. Ogni volta che l'ascolto. Ma forse un giorno ci scriverò una storia. Che durerà… un giorno.
Nella notte belgradese prende forma un viaggio iniziatico attraverso i Balcani, emozionante e crudele, realistico e onirico insieme, sul cui sfondo ancora si possono scorgere le macerie fumanti di una guerra mai dimenticata.
La storia vera della famiglia di Rino, per metà macedone e per metà italiana.
Da cui emergono l’inutilità della guerra e la resistenza del popolo macedone, così come la caparbietà degli Italiani, capaci di far fronte agli eventi più duri.
Una ricerca dolorosa e sofferta, per ritrovare e tramandare quei valori che troppi silenzi avevano finito per offuscare.